200 ANNI DI STORIA E PIU’

Il Palazzo Gregorini Bingham risale a due secoli fa, infatti era esistente già nel ‘700 , in seguito, nel 1785, gli fu dato l’assetto ancora oggi visibile dalla famiglia Pattuzzi, che fece realizzare la facciata in base al disegno approntato dall’architetto romagnolo Camillo Morigia.

Dopo numerosi passaggi di proprietà, nel 1825 venne acquistato da Adelaide Gregorini che nel 1826 con il marito Riccardo Bingham, conte di Lucan e Pari d’Inghilterra. In tale occasione vennero fatte ristrutturare alcune parti.

Al termine di questi lavori si procedette alla decorazione dei soffitti, ancora in corso nel 1830, alternando “schematici motivi ornamentali ed elaborate composizioni figurative.” (rif. A.M.Matteucci, I decoratori di formazione bolognese tra settecento ed ottocento da Mauro Tesi ad Antonio Basoli, pp.349-351, Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna).

La bellezza dell’apparato decorativo è assimilabile ad un altro grande palazzo, Palazzo Merendoni in via Galliera, per la maestria e ricchezza delle decorazioni effettuate da una grande équipes di quadraturisti e figurinisti bolognesi come Luigi Cini, Pietro Fancelli, Onofrio Zanotti assai attivi in quegli anni.

Nelle suite dell’ultimo piano si evince l’intervento di tale èquipes effettuata in anni differenti, come lo testimoniano le informazioni storiche, poiché l’ultima stanza che presenta un decoro a forma di croce ebraica con riquadro esagonale è sicuramente stata eseguita durante la prima ristrutturazione effettuata negli ultimi anni del sec. XIX per diversità d’impasto cromatico e voluttà esecutiva. Mentre le suite con decori e riquadrature geometriche e gamma cromatica terra verde e rosa presentano una diversità stilistica più assimilabile al gusto pienamente ottocentesco con geometrie e riquadrature che lasciano poco spazio ad ampie raffigurazioni tipiche nei secoli precedenti.

Da segnalare l’importanza della suite con gamma cromatica terra verde la quale presenta l’abbondante uso di cornici lignee in foglia oro che riquadrano gli amorini sul soffitto e l’abbondante ausilio di pennellate in oro a conchiglia per dare tocchi di luce e di preziosità in tutto il soffitto.

L’androne di accesso ai piani è stato eseguito con l’antichissima tecnica del marmorino lucidato a cera. Tale tecnica, molto in voga dal XVII sec., era utilizzata per dare importanza e lustro ad androni, scalinate e chiese quando non si potevano utilizzare lastre di marmo. Essa veniva realizzata da équipes specializzate e molto ricercate per la loro maestria e complessità esecutiva. L’androne in oggetto che presenta un bellissimo esempio di decorazione a marmorino sormontato da un pregevole decoro a volta a botte. Procedendo verso le suite si nota sempre l’ausilio della tecnica del marmorino per accompagnare i visitatori ai piani alti ed altri decori a soffitto.